l'isola di arturo
L'isola di Arturo è il secondo romanzo di Elsa Morante pubblicato nel 1957 e vincitore del "Premio Strega" dello stesso anno.
Nel 1962 il romanzo ha ispirato il film omonimo per la regia di Damiano Damiani.
Isola di Procida, anno 1938.
Arturo Gerace, orfano di madre, morta nel darlo alla luce, cresce quasi in solitudine nelle spiagge della sua isola natale, portandosi appresso il peso di un nome luminoso come quello di una stella.
Il padre, Wilhelm Gerace, mezzo tedesco e mezzo napoletano, è una figura vana e assente nella vita del figlio: per lavoro è costretto a lasciare spesso l’isola, così Arturo passa l’infanzia a idolatrarlo inventando storie fantasiose sui suoi viaggi, tanto da vivere le sue sporadiche visite come dei doni del cielo.
Arturo-bambino è un guerriero: beve latte di capra, non ha quasi vestiti né cibo, ma è libero di correre in ogni angolo di quel paradiso terrestre, tra spiagge e scogliere, affamato di letture cavalleresche e di sogni a occhi aperti.
Ha solo due amici: il cane, Immacolatella, e un bambino, Silvestro.
Per il resto vive nel palazzo diroccato di famiglia, altra fonte inesauribile di fiabesche vicissitudini e di sterminata solitudine.
Con la crescita Arturo scopre il mondo femminile ma anche la dura realtà della disillusione, soprattutto nei confronti del padre che non riesce più a venerare come un tempo.
Si scopre, inoltre, che Wilhelm è un omosessuale che vive nell’opprimente ricordo di una madre dispotica, il quale consente a sposare una donna solo per mascherare a sé stesso la sua vera natura.
Si svela la realtà: l’Eden di Procida è diventato troppo stretto per il giovane sedicenne, è giunto il momento di oltrepassare i confini per dare inizio alle avventure, quelle della vita vera e non sognata.
Arturo abbandona così la sua infanzia, il suo paradiso, la sua isola, per partire arruolato come soldato verso la terraferma.